Allora, io bisogna che me le scriva le ‘ose che faccio sennò poi un mi ci credo da sola.

Oggi 5 marzo 2014:

Ho telefonato a Marlia per prende’ l’appuntamento per la visita per la conferma del piano terapeutico per Annibale (i “per” sono finiti, “per” ora), posso anco prova’ a dille in dettaglio LE telefonate, ma primo un me le riordo proprio bene, seondo mi ci ripiglia lo gnocco: centralino che ti dice di telefonare al cup che ti dice di telefonare a Marlia che ti dice di telefonare al cup che ti dice di prenotare in farmacia, e questo per di’ poòo.

Allora ho telefonato in farmacia, vòi vede’ che basta una telefonata? e invece no: ci devo anda’ di perzona. Mi vesto e ci vado. “ma lei deve porta’ la richiesta del medico, un gli po’ mia prende’ l’appuntamento così!” (l’ho detta in pontaderese anche se son lucchesi, così imparano). Torno a casa, telefono al Guidi, a quello che mette le firme sulle ricette perché quando si tratta di visita’ ti consiglia di aspetta’ che passi, una volta me l’ha detto e meno male che era al telefono, sennò una labbrata un gliela levava nessuno. Infatti alza il telefono (si fa per dire, il cellulare un s’alza) in modo che io senta che dall’altra parte c’è quarcuno, e all’ennesima vorta che lo chiamo senza risposta mi viene un dubbio: sta’ a vede’ che mi piglia per le mele! e chiudo, così almeno un devo di’ “abbasso”. Allora piglio ir mi’ marito: “vòi veni’ a fa’ una girata in macchina con me?” (tanto per levallo da questo loculo e fagli piglia’ un po’ d’aria, quando si torna in Sardegna almeno si respira) e lo porto all’ambulatorio, San Donato. Un c’è posto, toh che strano, un l’avrei mai dettoooo…” ci faccio due giri, intorno all’isolato, poi la lascio ner mezzo cor mi’ marito che un guida più ma tanto un lo sa nessuno, entro nell’ambulatorio, un c’è nemmeno la segretaria, del Guidi, ma quella dell’artri sì. Allora gli chiedo il telefono, l’orario, e rimpiango d’un ave’ un’agenda che si aggiorna col penziero. Esco, ripiglio la macchina, giacché ci sono a fammi gira’ le scatole e giacché sono in macchina voglio passa’ dalle Barbantine, dove il mi’ marito ha fatto la cataratta. Du’ anni e mezzo fa. Una. La seconda da pòo più d’un mese, quando ci si mettono qui a Lucca ti spostano dalla velocità! E allora deve fa’ un controllo, tanto pe’ gradi’. E se un lo facesse un se ne accorgerebbe nessuno. Ma sono masochista, e allora punto la prora verso le Barbantine, ce l’ho vicine a casa, ma mia tanto, e se ci vado a piedi la mattinata è finita. Quindi due giri dell’isolato un me li leva nessuno. Son tentata di riportalla a casa, ma poi siccome son piccosa la lascio a metà strada, cor solito marito (sai, a cambiallo un è facile) dentro. Via a piedi, entro, per le visite si va a settembre… ma c’è solo da guardallo di sfuggita… allora a pagamento, cento euro… ma per cento euro lo guardo io, che, li zappate voi, i sòrdi? allora vada lì in fondo a destra. Vado lì in fondo a destra, aspetto che la centralinista parli con tre persone contemporaneamente, pazientemente mi faccio spiegare le solite cose, torno all’entrata, alla fine cedono (quando gli dico che sto per trasferimmi in Sardegna), e se telefono lunedì o martedì o mercoledì mattina verso le dieci e mezzo forse mi metto d’accordo cor dottore che gli dà un’occhiatina veloce. Perché, io che avevo detto? Torno alla macchina, arrivo fino a casa, passo oltre (ormai c’ho preso gusto), no, perché se domani devo anda’ a Piombino che la mi’ sìtroen sembra uscita dar sedere d’una vacca, con le portiere che a chiudelle prima facevano certi versi da fa’ gira’ la gente e ora un chiudono proprio più sicché è meglio un aprille, dicevo, che se ci devo anda’ così mi vergogno un poino, la porto dal lavaggista, quello dopo l’ospedale, dovrei esse’ a tempo.

Infatti: un’occhiata a me, una alla macchina, e gli devo ave’ fatto proprio pena, anche al ragazzo indiano che me la piglia in consegna. Per fammi unge’ le portiere glielo devo chiede’ in sanscrito, ma alla fine si commuove. Vado a fa’ colazione all’ospedale (sì, son da riòvero, ma ora un posso) cor mi’ marito dietro, che un avendo ancora avuto il tempo di prenotagli la visita ortopedia cammina a velocità di formìola. No, le formìole vanno più sodo, ma un e stiamo a puntualizza’. Cornetti e caffè, altri dieci minuti a torna’ e la macchina è quasi pronta, portiere comprese. Quando mi chiede 20 euro mi spiccio a dagliele tante volte cambi idea (se me ne chiedeva cinquanta gliele davo, ma è meglio un si sappia). A casa, finalmente! Mi metto a cucina’ il risotto (mah, si sarà fermato il tempo?) che viene anche bòno, poi prosciutto e inzalata, caffè, rigoverna’… e alle tre telefono. Un risponde nessuno. Alle 3 e dieci finalmente alla segretaria del dottore prenoto la richiesta di visita e di analisi per diverse cose. Alle quattro ho appuntamento dal parrucchiere, a dieci chilometri da Lucca, sa’, io le ‘ose le devo fa’ difficili, allora passo dall’ambulatorio, il dottore un ha ancora firmato, vado a fammi i ‘apelli, torno, mi rifermo dal dottore. Manca la glicemia e il colesterolo… ora la strozzo… no, aspetto che sua maestà esca finita la visita e si degni di apporre la sua illustrissima firma sulle ricette mancanti preparate ner frattempo. Che tra l’artro gliel’ho ordinate da me, se aspettavo le chiedesse lui ir mi’ marito ci poteva affoga’, nello zucchero e nel colesterolo. A casa di corsa, devo anda’ a canta’ pe’ le Ceneri. Alle otto sono fòri. Camicia e vestaglia ar volo. Domani un sacco di chilometri, andata e ritorno. Ma è capace che mi riposo, in confronto.

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