Un compleanno speciale

Un compleanno speciale

O, ho fatto un porcetto oggi da standing ovation! Altrettanto non si può dire per le tagliatelle zucchine e gamberetti, per carità, inutile che mio figlio e mia nuora insistano a dire che erano buone, quella si chiama pietà… ogni cosa per conto suo: la pasta all’uovo, le zucchine e le code di gambero, ognuno a casa sua. Voglio dire che i sapori si devono unire, amalgamare, fondere mantenendo anche un po’ la loro peculiarità, ma non facendo gli egoisti. E’ perché non ci ho messo la panna. Mi ci mancava anche quella, che non so ancora a cosa sono allergica o intollerante e soprattutto se lo sono, si può dire che vado avanti a pane e acqua… A proposito di acqua, forse ci voleva un po’ di quella di cottura, almeno, per rendere gli ingredienti meno indipendenti. Sì, perché io quando mi devo lodare non bado a sprechi, ma anche quando mi devo criticare… non mi cheto più.

E’ il compleanno di mio marito oggi, 80 anni meravigliosi, sicché mi ci dovevo mettere di buzzo buono. Solo le tagliatelle. Ma il porcetto… L’ho visto nel banco della macelleria, ed è stato amore a prima vista: si capiva da lontano, come sarebbe venuto. Ora, vegetariani, state calmini. Se ci penso anche io, a un maialino da latte, appena nato, mi sento una cannibale assassina. O se nascevo animale e mangiavo i miei simili? Perché ci sono anche quelli eh?

Qualche suggerimento culinario

Insomma, il porcetto prima di tutto deve essere piccolo, sennò è un porcellone. E poi quando ti dicono i trucchi che usano loro per farlo speciale, non ci credere: dài retta al tuo intuito, te lo dice una che le ha provate tutte, perfino il limone strofinato sulla crosta! E invece c’ero arrivata da sola, alla perfezione: i pastori accendono il fuoco, all’aperto, infilano il mezzo porcetto nello spiedo e – almeno tre ore prima di mangiarlo – lo mettono distante dal fuoco, ma in modo che un poco di calore gli arrivi. Man mano, lo avvicinano. E io da quando ho provato lo stesso sistema, dice “come fai, accendi il fuoco nel terreno?”, no, lo salo, e basta, poco, e mentre lo salo accendo il forno e ce lo metto così, a freddo. Prima con la crosta (pelle) in basso, e lo giro a metà cottura, che in tutto è almeno un’ora. Temperatura fra i 180 e i 200. Quando lo giro un bucottino con la forchetta nella crosta glielo dò, così un poco di grasso esce, unge e la rende più croccante. Dovevate sentire…

Questa ispirazione della bucatina di forchetta m’è venuta perché quando abitavo a Domusnovas frequentavo gente di montagna, di Seulo: ne abbiamo fatto, di roba al caminetto! All’antica, il che vuol dire che per il porcetto usavamo “sa stiddia“. Cos’è? Allora, prendi un pezzo di lardo e lo rinvolgi in quella carta gialla sai che usavano prima per incartare gli alimenti? Eh lo so, a trovarla…; ma quella ci vuole. Poi lo infili sulla punta di un ferro da camino e, a metà cottura, lo “accendi”. Cioè, se lo metti sul fuoco vedrai come piglia! E comincia a buttare gocce di fuoco, nel vero senso della parola, che devi far cadere sul porcetto, in gran parte sulla crosta. Lascio il risultato alla vostra immaginazione: descriverlo è impossibile. Ma anche quello di oggi non scherzava.

Poi vi dico come si fanno i ravioli di patate, i culurgiones ma quelli di Seulo, con la forma del raviolo, e non a sacchetto, ve lo spiego perbenino la prossima volta.

Insomma, gli abbiamo ordinato anche una torta con la foto, che il mi’ figliolo non aveva il cuore di tagliarla. Che bontà…

un compleanno speciale

Alghero, 12 luglio 1997 – Il nostro matrimonio

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