A volte lo sento che mi manca qualcosa, anzi, sempre mi manca qualcosa: sono perennemente insoddisfatta. Vorrei fare tutto e mi perdo nelle faccende, nelle commissioni, nelle visite, nei manicaretti, nelle ospitate… oddìo, faccio tutto volentieri, ma se mi chiedo cosa faccio, spesso non mi so rispondere. Uno potrebbe dire: sono insegnante… ecco, io “ero”. Pianista? Ero anche quello. Scrittrice? Ho già dato, e combattuto per farmi conoscere, senza il successo che meritavo, non per doti mie ma per la singolarità della mia avventura, a volte anche perché ho scritto qualche poesia niente male. Se mi ci metto dipingo. Ma non faccio la pittrice. E non mi ci metto. E poi? Sono webmaster, progetto ed elaboro siti internet che mio figlio, grafico pubblicitario, c’è rimasto a bocca aperta, ma seguendo tutto e niente non ho tempo per farmi la dovuta pubblicità. Quindi anche quello è nel cassetto. C’è sicuramente altro, ma per ora mi sfugge.

Poi è morto Giorgio Faletti e qualcosa si è aperto, mi sono guardata nell’anima. Non ho mai letto i suoi libri, anzi li ho accuratamente evitati. Per invidia. Come, a me non è bastato andare in Vietnam, del mio metodo rivoluzionario per imparare a suonare lo sanno solo i miei allievi e pochi altri, e lui vende milioni di copie divertendosi pure? Apre bocca per cantare ed ha successo? E come feci a suo tempo con la Fallaci, mi sono girata dall’altra parte. L’ho letto un anno fa, “Niente e così sia”, e mi sono ritrovata nel “mio” Vietnam, quello di allora, con il puzzo di morte e la paura di quelle vere, non ricostruita su un set. Me lo sono divorato, quel libro che avrei voluto scrivere io. Lei è stata brava, coraggiosa: io meno. Giorgio Faletti ha saputo toccare le corde dell’arte, io meno. Scusami Giorgio, e perdonami. Appena mi ridanno la carta di credito (misteri del Monte dei Paschi, lasciamo perdere) comincio con “Io uccido”, e uno alla volta ti leggo e ti ascolto tutto. E così basta, di essere invidiosi! Cosa ho da invidiare, se conosco la musica? Se ascolto le sinfonie leggendo la partitura? Se conosco le ragioni che legano le armonie? E se, nonostante le conosca, c’è sempre qualcosa di nuovo che mi meraviglia?

Ma la sensazione più bella è stata entrarci dentro, la musica, una nota in mezzo a mille altre. Il coro. Non c’è più da essere protagonisti, primi attori virtuosi: lì ti devi fondere con le altre note e sentirti uno insieme a tutti.  L’emozione più bella che la musica mi abbia mai dato, quella di essere “puro suono”.

E allora sono andata su Youtube, ho trovato il video dell’Ave Verum diretto da Leonard Bernstein, e dico niente, e l’ho cantato da soprano, soprano di coro appunto, molto diverso dai solisti. Cantando pensavo, chissà anche a me quanto manca ad andar via, e una cosa è certa, che prima o poi me ne vado, speriamo di trovare tanta musica.

L’Ave Verum è finito. Io e mio marito abbiamo le lacrime agli occhi.

Ave Verum – Leonard Bernstein

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