Cara Michela… perdonami.

Sì perché ti conoscevo solo di nome, per me eri una scrittrice che aveva vinto anche il Campiello con “Accabadora”. Ed eri sarda (fra poco userò il presente, non ti preoccupare). Non ti ho seguita in tv, e neppure per radio: ho una vita piena di interessi e di impegni, e c’ho un’età…

Ma non eri mai stata raccontata come in occasione della tua dipartita, e l’emozione, la commozione, sono cresciute in me, insieme alla curiosità, al bisogno quasi fisico di conoscerti, al rimpianto di non averlo fatto prima: ho acquistato otto libri tuoi – per ora – e li leggerò in ordine cronologico, ho già iniziato, da “Good save the queer”. E fin dalle prime pagine ho capito il perché di questo dolore, di questo rimpianto: la pensiamo u-gua-le! Solo che tu sei riuscita a dirlo, io manco ci ho provato, me lo sentivo dentro e basta, un essere umano non ce la può fare a esprimere questa visione in parole: tu ce l’hai fatta. Io non ho parole invece, per dire cosa e come sei: posso solo leggerti e tuffarmi fra le tue. Ora mi rifugio tra le lacrime.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Completa l\'operazione per inviare *