Lo tengo sempre lì, in bella vista sullo sfondo di libri libri e libri che ormai non so più dove metterli. Almeno lo trovo, senza sbattezzarmi tutte le volte a cercare dove l’ho messo, quel libretto che mi aveva regalato Dondero. Quel suo nasone e il suo sguardo da macchina incorporata, forse proprio perché lo salutavo tutti i giorni, passando davanti alla libreria, mi sembravano eterni. Credevo di aver capito male dunque, stamani. Invece Dondero non c’è più. Almeno in carne e ossa. Perché le foto rendono semidei i soggetti ritratti e chi li ritrae. Specie se in bianco e nero.

Lo conobbi a Pieve Santo Stefano, ho anche una foto o due con lui, ma come succede sempre, si è perduta nel mare del mio computer, fra tera e mega. Pensare che quando non la cercavo mi capitava sempre davanti!

Io ero in Vietnam nel ’68, lui a Parigi appollaiato su un terrazzino a catturare immagini di quell’anno tanto importante, checché se ne dica. E mi studiava, parlando, mi sentivo a fuoco nel suo obiettivo. O forse mi stava iniettando la passione per la fotografia che oggi ci passerei giornate intere, ne avessi la possibilità.

Un viaggio indietro nel tempo ci vorrebbe, altro che… Strano, se avessi avuto la macchina fotografica non avrei scritto il diario, e non ti avrei conosciuto…

Un’occasione da cogliere al volo: un viaggio nelle immagini. La tua foto la voglio trovare. Intanto, saluto insieme a te anche l’artefice dell’Archivio Diaristico: ciao Saverio Tutino.

E ciao, Dondero.

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Saverio Tutino

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