Era successo tanti anni fa, non ricordo nemmeno quanti, ma ogni anno in questi giorni ci ripenso, a quel maglione. Sono sensazioni che ad essere fortunati si provano una volta nella vita.

Abitavo già ad Alghero insieme a quell’uomo stupendo che sarebbe diventato ben presto mio marito, il secondo. Ma la sensazione di abbandono per essere stata lasciata con freddezza glaciale dal padre dei miei figli, anni prima, era ancora cocente. In più il secondogenito, rimasto con me, ad ogni Natale andava col padre, diventato testimone di geova, a non festeggiare insieme alla donna causa di tutto, che poi – ancora non lo sapevo – mi aveva fatto un gran piacere.

Rimuginavo su questi fatti rodendomi il fegato quando suona il campanello; mi affaccio alla finestra: il postino. Scendo di corsa due rampe di scale a chiocciola: un pacco. E chi mi spedisce un pacco per Natale? Passo in rassegna amici e parenti, lontani, di nome e di fatto, finché girando il pacco con frenesia trovo il mittente: Renata. Renata?????? quella che mi ha portato via il marito e distrutto la famiglia???

Il cognome lì per lì non lo ricordo più, sarà lo stupore ma mi sembra proprio il suo; non so nemmeno come faccio ad aprire il pacco con le sole mani, ma quando dai brandelli di cartone spunta fuori un morbido maglione un irrefrenabile e improvviso calore mi sale su dallo stomaco, mentre lo stringo al petto. Anche se il tempo sembra rallentarsi, ci metto poco a ricordarlo: ne conosco un’altra, Renata, come ho fatto a dimenticarla? È un’amica toscana, un’estetista che mi ha confortato con il suo affetto e le sue “cure”.

Mentre risalgo a casa si fa sempre più forte il desiderio di chiamare quella persona a cui avevo giurato “se aspetti che ti chiami io ci puoi anche crepare”; senza dare spiegazioni, alzo la cornetta, faccio il numero: “Pronto Renata, sei tu?” “ Sono Daniela. Come stai?” “Ti volevo salutare. E i bimbi, dove sono?” “Ah, fuori con il babbo? Salutameli quando rientrano.” Mi sale tutto dal cuore, con semplicità e con sincerità, come se niente fosse successo a interrompere quell’amicizia che – lei diceva – non c’è mai stata.

Quando finisco poso la cornetta, e… non mi sono mai sentita così bene.

Mi hanno riferito poi che ha accolto la “mia” famiglia sulla porta di casa tutta stralunata: “Ha telefonato Daniela, ha telefonato Daniela…!!!”

Non posso fare a meno di raccontarlo a Don Peppe, dopo la Messa, anche perché non lo capisco, cosa mi sia successo. Lui mi ascolta con attenzione e poi esclama: “Hai visto che bel regalo che ti ha fatto Gesù Bambino?”

Passano gli anni, tanti, e il bis, anche se desiderato, non arriva.

Natale 2013, praticamente l’altro giorno.

In questo lungo tempo non sono mancati esemplari umani (si fa per dire) che quasi quasi mi hanno fatto rimpiangere quello che avevo passato, primi in ordine di “merito” ma ultimi in ordine di tempo i nipoti di mio marito, con la madre Marina in testa, che si sono ripresi un usufrutto da 80 mila euro dichiarando di fronte al notaio di averli sborsati quando non hanno dato un centesimo, dopo avermi trattato peggio di uno sputo e aver turlupinato l’uomo con cui sono rimasta solo perché… diciamo che mi ha salvato la vita. Anche se non è per questo che ha il diritto di togliermela. Ho provato a perdonarli, ed essendo cristiana ho avuto grossi problemi, perché proprio non ci riuscivo.

Sono passati anni in cui sono stata bene solo quando sono riuscita a dimenticare, cosa che non è successa molto spesso: bastava una frase con un piccolo aggancio e partiva a razzo la battuta velenosa.

Ma torniamo a bomba: ari-Natale 2013, ari-l’altro giorno, però a dire la verità era la vigilia.. Squilla il telefono, quello fisso: ogni tanto tocca anche a lui, e poi il cellulare giaceva sfinito per overdose: “Pronto, volevo parlare con Edoardo… sono la cugina, Alda”.

La voce invece era quella di Marina, a qualcosa l’orecchio assoluto serve! Mi passa davanti tutto il dizionario enciclopedico degli insulti, ma proprio sotto Natale… che brutto questo fastidio, questa nausea… tenendo il cordless con due dita, lo porto a mio marito, sforzandomi di fargli leggere il labiale: “è  Marina, è Marina…” e concludendo con un “è tua cugina!” ad alta voce, che sa tanto di acido fenico.

Invece si scopre man mano che è davvero quello che diceva: si chiama davvero Alda, è davvero una cugina che non sente e non vede da una quarantina d’anni. Presa dal sacro fuoco ci voglio parlare anche io, così mi racconta che è entrata a far parte del movimento neocatecumenale e sta facendo un cammino di fede, anch’io – le dico – sto facendo un certo percorso, diverso ma con lo stesso fine… quando chiudiamo ho l’orecchio a cento gradi: bolle. Da com’era partita….

Ed ecco che si fa strada quel certo languorino, quella specie di avviso che cerco di ignorare ma proprio non posso, come se qualcuno ti chiamasse e tu fai finta di non sentire; ma alla fine cedo: “Ho capitooooo!!!!”

“Edoardo, mi dai il numero di Marina?”

“Pronto, Marina? Sono Daniela. Come stai?”

“…Be…be… bene, grazie…!”

“Volevo farti gli auguri di buon Natale e di buone feste, a te e a tutta la tua famiglia. Ora ti passo Edoardo.”

Di fronte al fatto compiuto non può far altro che prendere il telefono anche lui, e parlare, ascoltare il racconto di tutti quegli anni in cui non ci siamo parlati con il viso che si illumina sempre più.

Anche io sto bene, tanto bene, sempre meglio. Il disgusto ha lasciato il posto ad una gioia che mi scalda come quel maglione blu. Un calore contagioso: mai ricevuto tanti abbracci in un giorno solo!

Grazie ancora una volta, Gesù Bambino!

 

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