Poco tempo fa il mi’ marito, lucchese doc (mia tanto: lui a Lucca c’è venuto a quattr’anni ma io a Pontedera ci sono nata, tie’, beccati questa!) vedendomi tutta gasata di torna’ “a casa” per la serata al teatro Era, dice “Ma a Pontedera che storia c’avete voi?”.

Vedi, a volte ci sono quelle occasioni che te la tiran fòri per forza, la pontaderesità. L’ho fulminato che manca pòo lo strino, ma cosa volete che capisca poerino, un è mia colpa sua, a capi’ i pontaderesi neanco i pontaderesi… e allora gliel’ho spiegato ammodino: vedi, per un parla’ dell’origine vera e propria, noi ner milleccento eravamo un castello, che se lo son letiato a turno pisani, fiorentini e livornesi, e allora si vede che siamo un incrocio di razze, sempre incrociate a Pontedera però, che dice che quando si mescola il sangue la razza migliora, un siamo mia come voi che siete murati da sèoli, tutto fra di voi: noi le mura un ce le siamo tenute, né di muro né di cervello; voi ce l’avete la Piaggio? e la sirena che chiama a lavora’? Noi abbiamo fatto la Vespa, e dio nulla, ce l’hanno in tutto il mondo! e Andrea da Pontedera? e il presidente della repubblia? e il teatro, famoso in tutto il mondo? e siamo gente in movimento, ogni poino se n’inventa una: magari chi ci sta a Pontedera un se n’accorge, io quando mi dicevano “a Pontedera un c’è nulla” l’avrei voluti porta’ a Carbonia, a vede’ quanto c’è là!

E così via parlando, m’accorgevo di quanto sia “pontaderese dentro”: e c’ho vissuto solo ventiquattr’anni, più due, quindicianni dopo ch’ero andata, e se ora n’ho sessantasei e se la matematica un è un’opinione sono stata di più fòri.

Eppure, quando mi chiedono “allora sei sarda?”, dato che oramai c’ho tutto là, proprio un mi riesce fa’ a meno di risentimmi: “Veramente io sarei di Pon-te-de-ra!” Come quando m’intervistarono a Farenàit, e il presentatore parlando del complesso (è una storia lunga, gli amici la sanno, l’artri si comprino il libro, “Ciòiòi 68”), fa: “… così voi, che eravate di Livorno..” occhiataccia… “… “di Piombino…?!” occhiata più “accia”..”Veramente io sarei di Pontedera!” “Ah, sì, di Pontedera..” con lo sguardo stupito, che una dicesse di dov’è, come se esse’ di Livorno fosse uguale a esse’ di Pontedera!

E poi un è mia finita, insisteva a sbaglia’ e a mettimi a Livorno, finché alla terza c’è stato un momento di gelo dopo la mia risposta seccata, che io dio si sarebbe arzato e m’abrebbe messo le mani ar collo, se un interveniva il mi’ accompagnatore spiegandogli quale offesa può essere per un toscano dire che è d’un posto invece che d’un artro. Ma io dio che per il pontaderese è peggio.

Perché mi sento pontaderese, mentre ho residenza e famiglia in Sardegna, proprio non me lo spiego, ma dev’esse’ come la mamma, c’è quella naturale e quella adottiva: ecco, io sarda sono di adozione.

Non è facile, quando a Pontedera ci si vive, rèndessi conto che ci si sta bene: e me lo diceva il sindao Marconcini una volta, “ma che c’avrà Pontedera…, io me lo chiedo sempre”. Il mi’ amio e surrogato di babbo che era il poeta Angiolo Luperini l’aveva trovato, quello che c’aveva Pontedera, quando penzava a “quel rettangolo di cielo sopra la Piaggio”… i vecchi (o, si fa’ per di’) lo sanno cosa vor di’. Io l’ho visto, anche se alla Piaggio un c’ho lavorato, ma andavo a piglia’ la mi’ mamma tutti i giorni da tanto che c’ero attaccata, e la tenevo abbracciata stretta fino a casa; prima usciva dalla prima sezione, col grembiule nero, e c’era l’imparziale, e se la manovella sonava allora la portavano da una parte e la perquisivano. La mi’ mamma, no la manovella. (Messaggio criptato: Iole, ti ricordi per cosa m’invidiavi?). Poi ha cominciato a lavora’ alla seonda, e un po’ che crescevo un po’ che era lontana pian pianino un ci sono andata più. Che le distanze come sembrano grandi quando siamo piccini! Il viale mi pareva infinito, che poi d’autunno c’era le foglie secche per terra, dalla parte di là, dove stava la mi’ nonna, che gusto a camminacci dentro e a falle scrocchia’! E invece dalla parte della Piaggio la pista in fondo, coi pattini a rotelle di quelli coi lacci e con la chiave, e un c’era mai nessuno. Era già piccina allora, chissà ora un la vedrei più! Per un parla’ del Dòmo, che quarche anno fa ci sono rientrata e credevo d’ave’ sbagliato chiesa! Che un lo dite ar mi’ marito, sennò cor Dòmo di Lucca sai quanto si vanta?

E ora che ci penso, anche la fiera in piazza Garibaldi sembrava un finisse più, che c’era di tutto, e la ròta, le giostre, l’autoscontro quello di ferro con la pista fatta a otto che c’andavo apposta per annusa’ l’odore, ma sopra a guida’ non tanto che era difficile, e poi i calcinsella, per un di’ calcinculo, e gli acrobati sulle moto, la donna cannone, il tirassegno, la pesca… ora, un voglio fa’ paragoni, ma i Comics qui a Lucca… è trooooppaaaa roba, un se ne po’ più, t’invadono da tutte le parti, un sei te che vai a vedelli, son loro che vengono a vede’ te! Ma lasciamo sta’ Lucca, io bonino mi scappa sempre.

Nzomma a vorte mi sembra restrinta, Pontedera, ma un ve n’avete a male, l’ho vista da un’artra prospettiva tant’anni fa. Però una cosa la devo di’, un me la mescolate troppo che un ci si ‘apisce più nulla, va bene che ci vengo pòo: l’artro giorno c’è mancato un pelo che andassi a picchia’ ne’ paracarri giganti alla stazione; poi al passaggiallivello (finalmente mi posso sfoga’ coi rafforzamenti sintattici, tanto mi pigliano un poino in giro evvia in Sardegna!) bisogna riordassi (questo lo sapevo) che un è come prima: se si sta sulla destra un si va a destra verso la Piaggio, e se sta a sinistra un si va a diritto, ma ci si ritrova nel sottopasso, a destra. Ora, lo so che a voi rimasti un vi pare, ma a ritrovassi a sorpresa e cor buio e magari anche coll’acqua e ci vole la monetina da tirà in aria! E poi il Piazzone… me l’avete chiuso, un ci si va più sur ponte! o che moda è? Per arriva’ ar teatro son dovuta anda’ a naso, per via della miseriordia poi a destra poi ar cinema Italia poi sulla Tosco-Romagnola e poi a son di rotonde a San Giuseppe, meno male che Pontedera in fin de’ conti ce l’ho sempre dentro, avete voglia d’imbroglia’…! E a proposito di rotonde, a me quelle del Bartalini mi garbano anche se le pigliano in giro tutti: e fanno allegria, uno arriva a Pontedera e si ritrova tutti questi enigmi in mezzo alla strada che poi ci sta tre ore a penza’ “ma cos’avrà voluto di’…” sicché ti fa bene anche al cervello, t’aguzza la fantasia, via.

O, m’avete scatenato, ora mi pigliate: e un finisce qui, proprio perché è sera tardi e un ragiono, ma un vi rendete conto di quante ce n’avrei da di’. Infatti continua…

  1. Brava Daniela, dignelo a tutti, anch’a me le istallazioni del Bartalini e mi garbano o che erano meglio piene d’erbacce!

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