Coltivo da molti anni il desiderio di proseguire gli studi superiori e ci ho anche provato. Prima con il Magistero, perché – c’era un perché – volevo rendermi conto se quelle che scrivevo fossero o no poesie. Me ne sono venuta via quando mi hanno detto, confermando quello che avevo letto, che la poesia “non si può definire”. Bel mi’ tempo sprecato!

In seguito ho voluto approfondire gli studi scientifici, dato che alle Magistrali ero un fenomeno: ad ogni compito di matematica mi buttavano fuori nonostante le mie proteste, per non farmi subire l’assalto delle compagne, e a chimica ormai non mi interrogava più, per non parlare poi delle scienze astronomiche, che all’esame la commissione si divertiva a farmi i tranelli e io che me li guardavo come alieni, trattenendomi a stento dall’apostrofarlo con un “o che dice???”. In compenso, proprio in quell’esame passai a tutti – nonostante la mia goffaggine e timidezza patologiche – ma proprio a tutti il problema. E per la prima volta in vita mia, feci un errore di calcolo. E tutta la classe pure. Mi chiedo ancora perché non abbiano annullato l’esame.

E quando si ravvivò la fiamma della matematica, ci voleva il corso integrativo. Abitavo allora in un paesino in provincia di Cagliari, e per il corso mi dovevo recare tutti i giorni nel capoluogo. Avevo il secondo figlio piccolo, e non mi potevo permettere di perdere il treno: era una corsa affannosa ogni volta; ma quando sfiorai l’attacco di cuore, non riuscendo nemmeno a parlare per metà viaggio, mi arresi. E due.

La terza fu quando tornai in Toscana dopo la separazione. Mai che me li facessero sotto casa, i corsi integrativi, quindi dovevo recarmi a Montopoli, come ai vecchi tempi. E fu ancora il cuore a farmi desistere, ma non in quel senso: un vecchio amico mi venne a cercare dalla Sardegna giurandomi eterno amore e promettendo mari e monti… fossi stata indovina, quel corso l’avrei terminato e a quest’ora sarei laureata. Pluri. Invece gli credetti e mi venni a rovinare nell’isola. Perché dopo avermi depredato di tutto quello che avevo, quello che oggi chiamo “il cretino” mi lasciò, anche. E se Dio vuole! Perché poi ho incontrato il mio attuale marito, che è davvero l’uomo della mia vita, che poteva almeno mostrarsi prima, anche se tutti mi consolano con un “meglio tardi che mai”, che si adatta un po’ a tutto, diciamo la verità. Perché invece sarebbe meglio prima che dopo.

Qualche anno fa venni a sapere che l’anno integrativo non era più necessario, anzi grazie alle mie pubblicazioni mi venivano dati 6 crediti formativi, e mi iscrissi a scienze dell’informazione. Per mesi e mesi ho seguito corsi di spagnolo, inglese e giapponese, tanto che mio marito mi chiedeva se per caso avevo sbagliato e mi ero iscritta a lingue; ma l’unico diverso era un coscienzioso professore di teoria dei linguaggi, materia che addormenterebbe anche un gorilla inferocito, all’istante. Quando poi qualche altro professore, uno, fece capolino, mi ero stufata. E poi avevo alle spalle solo undici traslochi, mica mi volevo perdere il dodicesimo! E si tornò a Lucca. Sono passati undici anni, come trasloco siamo a tredici. Nel frattempo il cretino si è laureato in architettura, così ora può fare disastri molto più grandi, e a me è ripresa la voglia di università. Chissà, magari una punta di rabbia c’è, e separarla da quello che c’è di genuino non è facile. E decidere quale facoltà pure. Perché stavolta mi è presa una strana passione: la politica. Sapete quell’arte nobile che oggi viene presa esclusivamente in senso negativo, o per meglio dire dispregiativo, mentre se qualcuno si dedicasse a studiare invece che a criticare tutto e tutti, che è diventato un mestiere, forse ne uscirebbe qualcosa di interessante e soprattutto di utile. Intanto un’amica laureata in scienze politiche mi ha prestato una pila di libri, che già dal primo approccio mi fanno vedere gli avvenimenti che ci perseguitano ogni giorno con occhi un po’ diversi e un poco di più consapevoli. E questo è solo l’inizio.

Si riscopre il significato delle parole: democrazia, dittatura, oligarchia… si esercita la logica: se c’è il concetto universale di “tavolo”, di “fiore”, di ogni oggetto, qual è il concetto universale per le categorie morali?

Così ragionando, magari quando si sente sbraitare rivolgendo epiteti ingiuriosi a destra e a manca sotto la scusa di una protesta, magari qualche rotella arrugginita si mette in moto, e magari ci potrebbe capitare di pensare in modo positivo e propositivo, mentre il resto del gregge si appassiona alle liti televisive cretine, come quel tipo di cui sopra, fini a se stesse se non a un becero audience.

Riporto da un libro di filosofia:

Qualcuno, un moderno Socrate, potrebbe rispondere che “anche Hitler aveva carisma”, costringendoci in tal modo a ripensare la nostra prima definizione (…) (non ci soffermeremo a esaminare in dettaglio i motivi per cui il caso di Hitler ci obbliga a modificare la nostra definizione di buon politico in quanto sono evidenti a tutti, eccetto a pochi decerebrati che non ci leggeranno certo dato che raramente o mai aprono un libro di filosofia)….

da “Platone” – La verità è altrove – Ed. Hachette

E la matematica?

Ci vado o no, all’università?

O mi tuffo nei libri mentre il resto del mondo ti passa e trapassa?

tuffo_libero

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