Appena l’ho visto ho capito che sarebbe diventato virale, quel video. Perché non riuscivo a staccare gli occhi da quella scena: commozione, nostalgia, ricordi, rimpianti e anche un poco di orgoglio: quando si poteva insegnare qualcosa ai figli, dare loro indirizzi morali, non passare un minuto con loro senza pensarci, almeno per me era così. Ogni giorno qualche piccola grande storia che insieme ricordiamo ancora e ricorderemo sempre: mai toccato con un dito, mio figlio, ma una volta uno sculaccione sul pannolone se l’è preso, un sordo “pòf”… lui mi guarda fra lo stupore e l’incredulità e sbotta in un pianto disperato, mentre io non so se ridere o rimanerci male.

O quando cercavo di fargli frequentare un qualsiasi sport ricevendo solo rifiuti, e arrivata all’ultima spiaggia col karate mi sorpresi da sola con l’uscita “questa volta se mi dici di no ti ci porto io a suon di calci in culo!”. E lui si iscrive! Se lo sapevo glielo dicevo prima!

Ma l’avessi trovato, mascherato in nero, in mezzo a una manifestazione come quella di Baltimora a tirar sassi a una polizia che gli basta il colore della pelle per farti fuori… forse, e anche senza forse, l’avrei preso anch’io a calci, spintoni e parolacce. Mi sono fermata in mezzo alla cucina con una padella in mano a fare il tifo per questa mamma campione, e non mi vergogno a dirlo, mi sono scese le lacrime: perché quello era amore allo stato puro, la stessa precisa cosa di baci e carezze. Lo sguardo di quel ragazzo poi, pieno di vergogna ma anche di rispetto… Complimenti, mamma. Vedi di fare un salto anche qui, magari tieni qualche corso, per le mamme di quei “blocchi neri” per cui protestare vuol dire lanciare bombe molotov, spaccare vetrine rovesciare cassonetti dar fuoco alle auto scrivere con le bombolette spray eccetera, spiegagli come fare per prendere un ragazzone che ti sorpassa di un metro e riportarlo a casa, magari a schiaffi e spintoni.

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