Questo è un post che avevo pubblicato a piccole puntate a partire dal 31 dicembre 2012 in uno degli innumerevoli spazi che mi creo qua e là, che ci posso fare, non riesco a fermarmi! L’ho ripescato per la mia amica e musa ispiratrice, Cettina: è con vero piacere che le affido questo pezzo della mia memoria.

IL TRENO DEL SOLE – PRIMA PUNTATA

Credevo di aver capito male, quando ho sentito la notizia del Treno del Sole. Lo tolgono. Anzi, è bastato dare un’occhiata per avere la conferma. E per trovare un video che mi ha riempito di tristezza e di una bruciante nostalgia.

Avevo circa diciotto anni, stavo frequentando il Conservatorio di Livorno per Armonia e Storia della Musica, già la mamma mi manteneva agli studi di musica privatamente, dalla più brava insegnante di Pisa, ci mancavano anche altre, di lezioni private! E per il pianoforte stavo preparando gli esami dell’ottavo. Mi chiesero di suonare l’organo a un matrimonio: l’avrei fatto anche gratis, ma mi trovai alla fine in mano un foglio da diecimila lire, quelli della mia età lo sanno bene quanto erano grandi e importanti, infatti dico “foglio” invece di “banconota”… Da tempo covavo l’idea di andare a conoscere mio padre: ciò che per gli altri era ovvio, di ritrovarsi con due genitori, uno maschio e uno femmina, a me era ignoto. Non l’avevo mai visto, ma chi l’aveva conosciuto mi assicurava che ero il suo ritratto. A parte gli apprezzamenti “poco eleganti” che mia madre faceva sulla nostra somiglianza, non esattamente su quella fisica. Ricordavo molto bene, e ricordo ancora con nitidezza, quando – avevo quattro anni – andammo in un paese vicino, credo sia stato in tribunale, con la giardinetta dello zio… Era buio, ed io non so perché mi giravo continuamente indietro: nel sedile posteriore c’era uno con un berretto che – grazie all’ombra prodotta dalle fioche luci esterne (ricordate le lampadine col piatto di ceramica?) – impediva la vista di quasi tutto il viso. Io mi voltavo e la mia mamma con modi bruschi mi riportava il viso davanti; ci riprovavo, e stessa storia… obbedivo, ma qualcosa non mi quadrava. Ricordo una stanza grande, un crocifisso alla parete, e sempre quella luce fioca. Tornata a casa era schierata in salotto la famiglia al completo. Finalmente potei chiedere: “Ma chi era quell’uomo in macchina?”

Silenzio totale.

Sguardi paralizzati dal terrore che si interrogavano l’un l’altro.

Non lo sapevo che ero stata vicino tanto così a mio padre, e non l’ho saputo finché i ricordi, affiorando, non hanno reso palese l’evidenza. Molti e molti anni dopo.

Segue…

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