Ci sono di quei concerti che devi andare a “vedere” – e non a caso non ho detto “sentire” – perché non c’è parola umana, del “linguaggio parlato”, che te lo possa descrivere. Prima o poi abbiamo avuto tutti modo di apprezzare Stefano Bollani: alla radio, parte gustosissima del “Dottor Djembé” insieme ad altrettanto degni compagni; “Sostiene Bollani” in tv; e spettacoli ripresi in audio e in video… Così che ti accomodi nel palchetto a teatro e sai che di lì a poco potrai goderti un bravo pianista, virtuoso senza essere pedante soprattutto: per chi ama la Musica e frequenta i concerti non solo per farsi vedere o poter vantare di conoscere con quanta fedeltà i musicisti eseguono di solito i lavori altrui o cacofonie fatte passare per avanguardia, per quei pochi superstiti di una razza ormai in via di estinzione, non c’è niente di più doloroso che ascoltare virtuosismi per due ore, da parte di chi ogni giorno studia per ottenere una tecnica sopraffina che gli servirà a vivisezionare cadaveri passati da secoli. È difficile suonare Rachmaninov dal punto di vista esecutivo, e quando ci hai dimostrato la tua bravura per un quarto d’ora, l’abbiamo capita: non importa insistere.

Ecco, Bollani non è un bravo pianista: è la Musica signori, quella che si scrive con la M maiuscola.

Entrano in punta di piedi, non sai se sono i tecnici o gli artisti, ma sì, Bollani ormai lo riconosci. Gli altri sono Jesper Bodilsen al contrabbasso e Morten Lund alla batteria, due danesi: infatti si chiamano Danish Trio. Entrano in punta di piedi e iniziano in sordina: non te ne accorgi nemmeno, quando la testa inizia a muoversi col ritmo. Poi il piede. Man mano, non c’è una parte del corpo che stia ferma: inutile provare a fermarsi. Sono loro che ti contagiano, anche se ti viene il dubbio che sia tu a contagiare loro: Bollani è inarrestabile, suona seduto, inginocchiato, in piedi, su una gamba sola, seduto su una gamba piegata, è tutt’uno con i fuochi d’artificio che avvolgono tutti, dal palcoscenico alla platea alla galleria è un continuo scoppiettare, un colore, il suono che diventa solido, qualcosa che puoi toccare con mano e guardare con gli occhi, che infrange le barriere fra i sensi. Un pensiero ce lo fai, sulla tua insegnante di piano, che non dovevi battere il piede, fare gesti inutili con le mani, sgabello all’altezza giusta…

E Bollani non è il solo: non vedi più il contrabbasso mentre osservi Bodilsen, aspetti solo che da un momento all’altro se lo appoggi sul collo e lo suoni come un violino; a Lund, fisico da Tin Tin, gli faresti frullare le bacchette sulla testa, la tua. Insieme, riescono a fare battute di spirito con le sole note, e quando tutto finisce il sorriso ti rimane stampato in faccia, sorridi a tutti: hai fatto un bagno di Musica. Quella vera. Con la M maiuscola. 

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