Era 4 novembre

Era 4 novembre.

Quella mattina il mercato a Pontedera non lo fecero, non ricordo se per la festività o perché pioveva. E dato che non si doveva andare a scuola, raggiunsi la mia amica a casa sua, sul Corso. Si rideva tanto, a noi ci bastava poco…

Il suo babbo ascoltava la radio come al solito, la domenica i cori alpini, che lui era stato partigiano in montagna; ma quel giorno era venerdì. A un certo punto arrivò da noi: “Daniela, devi andare subito a casa: l’Arno ha rotto a Firenze, fra un’ora arriva la piena (allora non c’erano le esondazioni): vai subito, sennò rimani isolata qui”.
Stavo di là dal ponte, io, e se lo chiudevano non potevo più passare.

L’acqua dell’Era correva da far girar la testa se guardavi giù dal parapetto… beh, giù… era proprio in cima, e insieme all’acqua limacciosa correvano rami e chissà cosa ancora. Da casa mia poi, quinto piano di un palazzo su un’ansa del fiume, l’acqua si stendeva a perdita d’occhio, Il muretto che delimitava l’argine ormai sommerso faceva acqua fra un mattone e l’altro e la strada era ormai allagata. Ma dall’incrocio con la Tosco-Romagnola in poi era tutto asciutto. Stai a vedere che riesco ad arrivare dalla nonna mi dico: infilo gli stivali, scendo tutti e 104 gli scalini, ma niente, l’acqua comincia a salire, e c’è corrente. “Bimba, torna a casa, è pericoloso!” mi gridano dalle finestre di fronte. E torno su.

Ci rimarrò qualche giorno. Ricordo tutto benissimo: nel pomeriggio, abbracciate e impaurite io e la mamma sul terrazzo, abbiamo visto la casa del Bindi sulla cresta di un’onda gigantesca: l’Era aveva rotto alla Montagnola, dove il ponte della ferrovia aveva fatto da tappo, con tutti gli alberi che ci si incastravano. Poteva rompere da noi, sotto casa, da quel muretto che ancora mi chiedo come ha fatto a resistere. Chissà se il palazzo avrebbe retto… Era… il 4 novembre, proprio come oggi. Venerdì, proprio come oggi. Ma cinquanta anni fa.

Senza luce, con le pile della radiolina esaurite, andammo avanti con un po’ di pasta e patate. Quando l’acqua si ritirò c’era fango dappertutto, e un odore che ho ricordato per anni. Nel negozio della zia erano caduti gli scaffali e la merce era tutta invendibile. Nell’attigua chiesa della Misericordia una bara con il morto galleggiando aveva sbattuto contro le pareti tutta la notte. Ogni strada era un ammasso di melma. Che ce ne ha messo ad andare via, ma l’odore rimase nel naso a lungo. Meno male che era festa, così la Piaggio era chiusa. e le scuole pure. Meno bene invece che fosse chiuso lo Scolmatore, un canale costruito appositamente per la piena dell’Arno: avrebbe salvato tutto, da Firenze in giù. L’acqua sembrava che fosse andata a cercarselo, si era aperta la strada verso il canale costruendo un paesaggio da Grand Canyon.

Era… il 4 novembre, proprio come oggi. Venerdì, proprio come oggi. Ma cinquanta anni fa.

Non posso tacere. Ho cercato materiale fotografico e sono capitata qui, dove ho trovato due video, uno mio e l’altro non so di chi. Di immagini dell’alluvione in quell’altro video ce ne sono tante, e allora le ho ritagliate una ad una con la pazienza certosina che mi contraddistingue solo quando sono al computer: nel tempo restante mi sfogo. Con chi capita. Ma bando alle ciance, comunque ho dovuto dar fondo a tutta la capacità di sopportazione che uno si ritrova a fine mattinata. Ho riconosciuto quasi tutti i posti fotografati. Quasi. Se qualcuno fa un’opera buona e riesce a colmare le mie lacune gliene sarò eternamente riconoscente.

Quando però mi sono trovata davanti una foto ingiallita ho fatto un balzo sulla sedia: Via Veneto! Stai a vedere che c’è anche il mio palazzo… un balzo al cuore, e le lacrime sono scese da sole.

Era 4 novembre

4 novembre 1966 – Io e la mamma affacciate al terrazzo.

Non solo casa mia, il palazzo Leoncini, ma anche io e la mamma affacciate sul terrazzo! Sfocate come immagine, non solo per le lacrime. Ma siamo proprio noi. Se la mia mamma fosse ancora viva… Chiunque abbia scattato quella foto, GRAZIE!!! Ho rivissuto quei momenti come essere lì. Siamo dentro quel tondino rosso che vedete nell’immagine qui sopra, e anche in quella della galleria che fra poco andrò a fare: ora no, ho un groppo alla gola.

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