Nella musica io sono
nella musica del cuore
Lì c’è casa ed un posto
dove andare…

Volevo fare tante cose, fin da piccola, non so se per accontentare le aspettative di una donna sola, mia madre, che si affidava a me per una rivincita nella vita, o se per mie caratteristiche innate.

A tre anni e mezzo leggevo e scrivevo, ricordo la suora dell’asilo che mi teneva buona facendomi passeggiare con lei leggendo le preghiere in latino. A quattro anni ho incontrato la musica: le note mi sono entrate dentro e non sono andate via più. A ripetizione di matematica dal maestro Gennai… le sue spiegazioni sono state così semplici e chiare che i numeri hanno perso l’alone di mistero e sono diventati miei compagni perenni, come le note. Mi hanno fatto uno scherzo cattivo all’esame di licenza, quando fra un rossore e l’altro sono riuscita a passare la soluzione del problema a tutta la classe riunita nell’aula magna. Con un errore di calcolo, primo e unico di tutta la mia vita. E tutti hanno fatto il solito errore…

In musica volevo fare il direttore d’orchestra: l’ho capito tardi, anche se ci ho provato e ho desistito per paura che un infarto mi fulminasse. Università: matematica, astronomia… iniziato con scienze della comunicazione, lasciato per motivi analoghi. Scrivere???? Ma per piacere… scrivo anche col pensiero, un mio libro dopo quaranta anni di insistenze (testa dura) ha “provocato” il docufilm “Arrivederci Saigon”, un altro di poesie, “La musica nel cuore” l’ho scritto sotto dettatura (ora passo da matta) perché sentivo una voce che me le diceva; e “Il cerotto” in cui mi volevo sfogare delle mie disgrazie ed è uscito fuori un racconto umoristico…

La musica… diceva il mio insegnante di direzione d’orchestra che ognuno deve dare il meglio nel lavoro che fa: chi è bravo a pilotare una formula 1, chi è un campione in bicicletta, ma tutti e due sono bravi uguale, non so se mi spiego.

Io? Io so fare troppe cose, mi si arruffa il cervello. Ho digitalizzato lavori di didattica musicale che mi hanno richiesto anni; so fare siti, ho preso il diploma di programmatrice Cobol nel ’73… Di lavori ne ho fatti tanti, ma quando presi la decisione di sposarmi e trasferirmi in Sardegna la mia amica Ester, diplomata in pianoforte, esclamò: “In Sardegna??? Sai che ti dico? Ci mettiamo una scuolina di musica laggiù, io e te?”

Cosa risposi? Testualmete: “Ester, guarda, io nella mia vita insegnerò tutto fuorché musica!” (minuto di rispettoso silenzio)

Infatti: lei è diventata un personaggio nell’educazione musicale, ha scritto  libri, ha insegnato al Peri di Reggio Emilia e si è presa le sue soddisfazioni, tante.

Io? Io ho cominciato a insegnare per necessità, soffrendo per un’ora dietro a qualche allievo con cui dovevo usare metodi uguali da secoli.

Nel frattempo, tanto per non smentirmi, fulminata da una frase letta sull’Apreda (teoria), che diceva che anticamente erano detti “musicisti” i seguaci delle Muse, divinità protettrici delle Arti, e solo successivamente questo termine venne ristretto al linguaggio dei suoni… insomma, mi prese forma nel cervello il “Centro artistico Le Muse” dove si insegnavano danza, pittura e recitazione, e diventò presto realtà a Carbonia, grazie a volantini studiati da me, fatti stampare e da me distribuiti. In capo a poco tempo avevo la scuola piena, e insegnanti che venivano dal Conservatorio di Cagliari a darmi una mano. Lo ammetto, cominciavo a insegnare volentieri. Poi grazie a un ragazzino che non aveva voglia di studiare e non riusciva a capire la differenza fra “alto” e “basso” in musica, nacque quello che oggi è il metodo “Limus”, ancora troppo all’avanguardia per gli orecchi dei conservatori e dei Conservatori, ma definito “geniale” dal direttore della Ricordi, dal professor Farulli di Fiesole, dalla Cappelli, e in lista per la Fullbright che non presi solo perché ero appena separata e avevo paura, anzi la certezza che allontanandomi per quasi due anni in America avrei perso i due figli rimasti con me.

Insegnerò tutto fuorché musica…

E invece è proprio la musica che mi apre il cuore quando le preoccupazioni mi si affollano addosso: quando capisci il significato di una frase musicale, da dove viene e dove va, quando gusti i colori e sapori della musica, quando sai le ragioni che legano un suono all’altro e la musica ti entra dentro… è come capire il sanscrito, il cinese, l’arabo, il greco antico… e tutte le altre lingue in ogni sfumatura, come conversare con un extraterrestre (ricordate “Incontri ravvicinati del terzo tipo”?)

Ho insegnato musica, musica, musica. E la musica mi ha insegnato tutto. Ora, come le Sinfonie di Beethoven, che ti raccontano la vita, dalla nascita alla fine, sono alla Nona: alzo gli occhi al cielo e le stelle si accendono una ad una…

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